Un’attualità che ancora sconcerta più di un decennio dopo il documentario di Lorella Zanardo ‘Il corpo delle donne’ (2009)

Sono scene incredibili, tutte prese dalla televisione italiana del primo decennio del ventunesimo secolo. Ragazze, donne, tutte vestite in modo caricato di implicazioni sessuali, trattate come se fossero oggetti e non essere umani, sempre sottomesse a commenti viscidi e dispregiativi da conduttori maschilisti, ma anche a volte da conduttrici che si comportano da maschi prepotenti. Donne che trasmettono un’artificialità riproducibile e riprodotta, senza nessuna ispirazione. Il tutto in un Paese, l’Italia, che abitualmente si definisce sulle basi della bellezza.

Lorella Zanardo, attivista e scrittrice femminista, nata nel 1957, dice che questo fenomeno proprio italiano non smette di colpirla. Brand manager per Unilever, in seguito direttrice del marketing per il Gruppo Mondadori lascia il mondo aziendale per concentrarsi alla ricerca di comunicazione e della rappresentazione della donna nella televisione italiana. È co-autrice del video-documentario Il corpo delle donne, pubblicato sul suo blog nel 2009 e trasmesso dal canale televisivo La7, e di un omonimo libro uscito nel 2010.

Si tratta di un’analisi precisa dell’utilizzazione e della messa in scena del corpo femminile nella televisione italiana basato su un punto di vista esclusivamente maschile che viene accettato dalle donne sia come vittime, ma anche comprimarie. Secondo la Zanardo è un fenomeno specifico della televisione italiana che spesso riduce il corpo femminile a un oggetto sessuale, sottomesso a trasformazioni fisiche per togliergli ogni proprio carattere ed emozione.

La Zanardo si chiede se l’immagine che vorrebbe avere di se stessa sia veramente basata sulla propria scelta o se sia già predefinita da fantasie maschili. Osserva il fenomeno dell’estetica chirurgica quasi obbligatoria per qualsiasi donna che si espone nella sfera pubblica, soprattutto quella televisiva. Seni, bocche, visi operati per togliergli non solo tutte le tracce dell’invecchiamento, ma anche tutta la possibilità di esprimere le proprie emozioni. Si crea una specie di divisa per le donne televisive, ricamata su la loro pelle, ma cucita a base di tessuti, bensì da silicone, secondo un cartamodello rigido e sempre uguale.

Una volta trasformate e adattate ad un presupposto ideale estetico non vengono rispettate come persone, ma servono come arredamento, a volte nel senso immediato: una ragazza chiusa in una scatola trasparente che serve da gamba da tavolo. Donne usate ed esposte come sex symbol, senza cervello come sottolinea qualche conduttore maschile, quinte di programmi televisivi di cattivo gusto (parlo qui dalla mia prospettiva di donna tedesca che non voleva mai guardarsi la televisione privata del suo Paese) che toglie tutta la dignità. Curiosamente questa messa in scena serve anche ad attirare un pubblico femminile che poi prende ispirazione per le proprie scelte estetiche.

Lorella Zanardo non utilizza un tono di polemica, anzi, descrive in modo asciutto e chiaro cosa succede e lo analizza con tanti esempi presi non solo dalla tv privata, ma anche da quella pubblica. Secondo lei è importante educare le generazioni seguenti per cambiare il modo di pensare e l’atteggiamento. Spera che tra dieci, quindici anni le ragazze possano fare delle scelte diverse, di essere in grado di esercitare i loro cervelli senza sentirsi obbligate in modo inconscio ma anche incosciente di sottoporsi ad ideali maschilisti.

Mi sono guardata tutto il video-documentario. Sono rimasta scioccata dalle dimensioni enormi del disprezzo della donna in sé. Ancora oggi, nel 2021, dodici anni dopo la pubblicazione del video, guardandomi qualche programma televisivo – della televisione pubblica, la RAI si intende – mi sorprende quanto il corpo femminile sia sottomesso ad esigenze estetiche rigide. Sembrano essere tutte dello stesso tipo: capelli lunghi, di preferenza ossigenati biondi, le labbra tutte uguali: non più tanto deformate da assomigliare ad un gommone, ma di una linea ben definita.

E non parlo nemmeno dei visi – Zanardo li chiama facce – trasformati in triangolo. A giugno del 2021, nell’ultima puntata della diciottesima stagione si ride di un Fabio Fazio un po’ sovrappeso con il doppio mento sempre più ovvio, ma nel suo programma televisivo fa la scelta di avere una donna bionda, con i capelli lunghi che gli serve soltanto da annunciatrice, per rendere più bella la sua sedia bianca nel primo piano degli spettatori per ora assenti dallo studio televisivo. Quando lui manda la pubblicità l’annunciatrice appare, sempre con prodotti di bellezza, in dialoghi semplici. Si chiama Filippa Lagerbäck, una svedese, ex-modella e ex-showgirl. È una carriera tipica per una donna nella televisione italiana. Si cerca un corpo perfetto e non importano altre qualità. Nel caso in cui il corpo non dovesse soddisfare le esigenze maschili viene sottoposto ad operazioni e trattamenti.

Non è una sorpresa che l’unica donna che non compia la funzione di assistente nel programma Che Tempo Che Fa (CTCF) sia una comica a cui viene concesso per lo meno una ventina di minuti. Quando il 7 marzo del 2021 la Littizzetto ha dovuto sostituire un Fazio ammalato per una puntata l’ha fatto in modo ottimo. Il suo condurre delle interviste, preparatissima e a volte più agile di Fazio, in modo sensibile e critico quando una domanda va seguita, la raccomandano per un talk show suo.

La sua entrata in scena dopo la prima pausa pubblicitaria alla fine dell’anteprima di CTCF, una mezz’ora dopo l’inizio, accompagnata dalla musica trionfante della cavalcata delle Valchirie è un capolavoro. Curiosamente, di questo pezzo della puntata non ce n’è traccia sui social. “Sì! Sì! Finalmente! Finalmente. Sono nello studio DEFAZZIZATO, dopo tanti anni, mi sento come la Gregoraci senza Briatore. Evviva, quando Fabio non c’è, le tope ballano, Filippa!”. Cita proprio uno degli esempi più pertinenti della donna-oggetto: ex-modello, ex-showgirl ed ex-moglie, coinvolta nello scandalo ‘Vallettopoli’ del 2006 a causa delle raccomandazioni nella televisione di Stato in cambio di favori sessuali. È sul punto, come sempre.

Rimane impensabile, però, che la Rai la scelga come conduttrice a pieno titolo. Non riempie i prerequisiti estetici, ma soprattutto esercita pubblicamente il suo cervello e indica sempre i punti deboli ed assurdi di qualsiasi vicenda. Non è comoda e non si lascerebbe mettere in situazioni umilianti. Sa benissimo come viene giudicata e si prende in giro da sola. Resterà sempre al di fuori delle esigenze di un sistema televisivo ancora oggi maschilista. Servono ancora molti documentari per portare ad un cambiamento di atteggiamento in questo senso.